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Il Foro romano e le sue attrattive

Non molto distante da Piazza Venezia si trova una delle zone archeologiche più importanti e suggestive al mondo: il Foro Romano.

L’accesso all’area è consentito sia dal varco dell’Arco di Tito che dalla Salara Vecchia; quest’ultimo, a mio avviso, il più suggestivo.

Una volta superato l’ingresso, scendendo una breve rampa, ci si immerge nell’antica Roma. Ci si trova in quello che nel VII secolo divenne il centro commerciale, politico, religioso e soprattutto sociale della città. Tutto questo, però, fu reso possibile solo a seguito di un importante lavoro di bonifica, da parte dell’imperatore Tarquinio Prisco, con la costruzione di un canale, la Cloaca Maxima, diretto verso il vicino fiume Tevere.

Tutto ciò che si è visto su Google in formato digitale, finalmente diviene realtà. Lo stupore è senza ombra di dubbio una delle sensazioni predominanti nel momento in cui si arriva nella Piazza del Foro.

Colpisce immediatamente per la sua imponenza ed interezza, è difatti quello meglio conservato all’interno del Foro Romano, il Tempio di Antonino e Faustina. Esso fu voluto dall’imperatore Antonino Pio nel 141 d.C. per onorare la propria consorte Faustina, divinizzata dopo la morte, come ricorda l’iscrizione sull’architrave.

Interamente realizzato in blocchi di tufo e laterizio, dobbiamo però immaginarlo rivestito completamente in marmo.

Di particolare bellezza sono le gigantesche 10 colonne, alte ben 17 metri, per l’esattezza 6 sulla fronte e quattro sui lati lunghi che caratterizzano il monumentale portico.

Tempio-di-Antonino-e-Faustina
Tempio di Antonino e Faustina

Non molto distante dal Tempio di Antonino e Faustina, si possono ammirare le rovine dell’unico edificio superstite tra quelli di età repubblicana: la Basilica Aemilia.

Luogo in cui si amministrava la giustizia e si trattavano gli affari, la suddetta basilica deve il suo nome ai due censori Marco Emilio Lepido e Marco Fulvio Nobiliore, che ne vollero l’edificazione nel 179 a.C..

Anche se oggi restano visibili pochi e sparsi resti, lo spazio interno della basilica era suddiviso da tre file di colonne, in aggiunta ad altre due file di colonne che chiudevano anche le estremità trasversali. La basilica così strutturata fu frutto della ricostruzione del 14 a.C. e del successivo restauro voluto da Tiberio. Lo scrittore Plinio ci racconta che le colonne in marmo asiatico, dal rosso intenso, lasciavano stupefatti i visitatori. Ma non solo, contribuivano a creare stupore anche i marmi dai colori vivaci del pavimento, dal giallo al grigio-azzurro, al rosso.

Un grosso edificio in mattoni, con i suoi 21 metri d’altezza, cattura di certo l’attenzione del visitatore. Si tratta della Curia, l’antica sede del senato romano.

Fondata secondo la tradizione dal re Tullio Ostilio, la Curia fu più volte riedificata, nell’80 a.C. da Silla e, dopo il 52 a.C. da Cesare, modificandone la collazione, la forma, le dimensioni e l’orientamento, allineandola al Foro che porta il suo nome.

L’edificio attuale è un ulteriore ricostruzione effettuata sotto il regno di Diocleziano.

L’interno è davvero imponente, si tratta di una grande aula dalle dimensioni di 27×18 metri.

Qui i senatori votavano per secessione, cioè i favorevoli da una parte e i contrari dall’altra, pertanto con continui spostamenti da una parte all’altra della sala ove erano posti i seggi sui lati maggiori.

Degno di menzione è il pavimento, di età moderna, in opus sectile, tecnica che consiste nell’accostare lastre di marmo appositamente tagliate e sagomate.

Poco dietro si erge l’Arco di Settimio Severo, costruito nel 203 d.C. per celebrare la vittoria sui Parti. Alto circa 21 metri è completamente rivestito in marmo. Sulla sommità doveva esserci una quadriga di bronzo con le statue del condottiero e dei figli Caracalla e Geta.

Nell’area retrostante l’arco si trovano i resti dell’Umbilicus Urbis Romae, il centro simbolico di Roma. Anche se oggi rimangono visibili solo mattoni e qualche frammento di cornici, in realtà lì sorgeva una vera e propria struttura cilindrica, alta un paio di metri e rivestita di marmi bianchi e colorati.

Dalla parte opposta dell’arco parte la Via Sacra, che deriva il nome dalle processioni ai luoghi di culto costruiti lungo il suo percorso.

Proseguendo, si giunge ad uno dei monumenti più singolari e simbolici della Roma antica, il Tempio di Vesta. All’interno di questo tempio dalla forma circolare ardeva il fuoco sacro, simbolo della continuità della vita di Roma.

Considerato tra i più antichi di Roma, l’attuale forma circolare è quella definita dopo il 64 d.C., anche se i pochi resti sono attribuibili al restauro a cui fu sottoposto l’edificio nel 191 d.C., per volontà dell’imperatrice Giulia Domna, consorte di Settimio Severo.

Collegata al tempio di Vesta è la Casa delle Vestali, disposta su due piani organizzati attorno ad un cortile centrale quadrangolare lungo 69 metri, che fungeva da giardino e che era circondato da un porticato.

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Tempio di Romolo

Proseguendo lungo la Via Sacra, a sinistra si incontra il Tempio di Romolo. In origine la sua funzione fu quella di vestibolo circolare di accesso al Tempio della Pace, ma quando quest’ultimo fu in stato di abbandono agli inizi del IV secolo, il vestibolo venne utilizzato da Massenzio come tempio in onore del figlio Valerio Romolo, morto prematuramente. La parte meglio conservata è la porta in bronzo, una delle poche romane ancora sopravvissute, affiancata da due colonne di porfido rosso con capitelli corinzi in marmo bianco.

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Basilica di Massenzio

Sempre sulla via Sacra e continuandone l’ascesa, si giunge ad uno degli edifici più grandiosi della Roma imperiale: la Basilica di Massenzio.

La basilica, iniziata da Massenzio nel 308 d.C., fu terminata da Costantino nel 315 d.C.

Dalle colossali rovine si deduce quanto fosse grande il complesso, infatti la navata centrale era lunga 80 metri e larga 25 e toccava in altezza i 35 metri.

Scavi effettuati nel XV secolo vi rinvennero i resti della colossale statua di Costantino: la testa, alta 2,60 metri, è conservata nel cortile del Palazzo dei Conservatori al Campidoglio.

Terminata la salita ci troviamo di fronte ad un capovoloro dell’arte romana, l’Arco di Tito. Fu costruito dall’imperatore Domiziano nell’81 d.C. in onore di suo padre Vespasiano e suo fratello Tito, per ricordare le vittore riportate da questi ultimi sugli Ebrei e culminate nella distruzione di Gerusalemme.

L’area archeologica che tanto si ammira, cadde in rovina nel Medioevo; subì pesanti cambiamenti a causa di alluvioni e terremoti.

Nel tempo il Foro Romano è andato progressivamente ricoprendosi, trasformandosi in un’area in cui solo qualcosa affiorava dal terreno. Per tale ragione l’area del Foro Romano fu chiamata anche Campo Vaccino, ossia una zona votata al pascolo di pecore e mucche e alla semina.

Con la “riscoperta” del Rinascimento divenne una gigantesca cava di materiali, molti dei quali ridotti in calce sul posto.

Un consistente cambiamento avvenne agli inizi dell’Ottocento, quando si cominciò a scavare per riportare alla luce questo immenso patrimonio che attrae milioni di visitatori, provenienti da qualsiasi parte nel mondo, ogni giorno.

3 dicembre 2022

Francesca Perna

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